Swing: Storia e Balli

Il Lindy Hop: tutto il potere all’improvvisazione

IL LINDY HOP E LE SUE ORIGINI

Il salto di Lindbergh e quello parallelo di “Shorty” Snowden: storie di coraggio, d’invenzione, di talento. Storie di sogni che si tramutarono nello stile libero di un ballo epocale.

Il Lindy Hop può essere definito in due parole il “ballo dell’improvvisazione” per eccellenza.
Seguendo quindi la strada stessa della sua denominazione definitiva: che deriva, come abbiamo già detto, dal celebre “salto” (hop) del pioniere dell’aviazione Charles Lindbergh da un lato all’altro dell’Atlantico, da New York a Parigi, un’impresa leggendaria datata 1927.

"LINDY" E IL PICCOLETTO

Lindbergh, abbreviato in Lindy, era un pilota postale e restò in sella al suo aeroplanino “Spirit of St.Louis” per trentatré ore e una manciata di minuti tra il 20 e il 21 maggio, primo uomo a tentare la traversata in solitaria dagli States all’Europa e ad atterrare indenne nella capitale francese.
Il nome dell’aereo era un omaggio alla città di St.Louis, la più generosa nella raccolta dei fondi necessari a costruire quell’apparecchio di legno rivestito di tela. Come in certi paradossali fumetti, il velivolo era stato alleggerito al massimo per far spazio al serbatoio più capiente possibile: butta via questo, butta via quest’altro, perfino la radio per mantenere le comunicazioni era stata lasciata a terra.

Così che Lindbergh sbucò tra le nuvole di Parigi senza poter preavvisare… Ci misero un po’ a capire e a portarlo in trionfo!
Cosa c’entra, dunque, Lindbergh col ballo Swing? E come il più praticato di essi ha finito per prenderne il nome?
Molto semplice. In quei giorni c’è un piccoletto nero che viene dai bassifondi di New York e che balla da Dio i nuovi ritmi che stanno prendendo piede in tutta Harlem. Si chiama George “Shorty” Snowden, non si sa cosa faccia di mestiere ma presto diventerà, ancora giovanissimo, un ballerino professionista, trascinandosi dietro un’intera generazione. E’ lui che “apre” la coppia, inventa il cosiddetto break-away: lei, la ballerina, si allontana, pare sfuggirgli; lui, il leader, la riprende senza mai perdere il tempo, improvvisando passi e movenze inedite. La gente assiste, imita, impazzisce. Gli getta monete perché continui, perché non si fermi mai, perché non si fermi più.
Così un bel giorno un giornalista di costume, richiamato dalla portata del fenomeno, gli chiede a bruciapelo dopo una di queste estenuanti, eccitanti maratone: “Ma che ballo è?”.
Quello che non sappiamo per certo è se la risposta di “Shorty” fosse preparata o, più probabilmente visto il tipetto, improvvisata lì per lì: “Si chiama Lindy Hop, come il salto di Lindbergh”. Che, per inciso, in quei giorni, campeggiava in prima pagina su tutti i quotidiani newyorkesi.

SENTIRE LA MUSICA E RIFLETTERLA

Il Lindy, dunque, si sviluppa verso la fine degli anni ’20 ad Harlem, e resta in voga per circa vent’anni. E’ il ballo swing più autentico, perché si basa sul ritmo e sulla sincope, sulla “pulsazione” della musica jazz degli albori. Particolare non da poco, visto che lo differenzia dai balli successivi come il Rock ‘n Roll, il Rockabilly, il Jive, il Boogie, tutti improntati ad altri generi musicali.
Proprio come la musica Jazz, il Lindy Hop è, come si diceva all’inizio, basato sul massimo grado di improvvisazione. Non tutti i passi sono definiti o coreografati, anzi i migliori ballerini sono quelli che sanno “riflettere” la musica, plasmandola ai propri passi, esattamente come fece “Shorty”.

IL RITMO LIBERO DELLE FOLLOWERS

Libertà di espressione, si direbbe oggi, estesa alle followers, mai bloccate nel movimento pre-definito dal ballerino, ma con il proprio spazio e il proprio tempo all’interno del ballo per improvvisare movimenti e stili. Nella coppia si genera dunque una relazione di “chiamata e risposta”, un vero e proprio dialogo improvvisato. Un continuo laboratorio di ricerca del proprio Swing.

TUTTI CON TUTTI, NASCE IL BALLO SOCIALE

Ma il Lindy è soprattutto un ballo sociale, in contrapposizione ai balli da sala standardizzati e istituzionalizzati. Il livello conta poco ed è del tutto normale che sia la donna a chiedere all’uomo di ballare, il cambio continuo di partner quasi un talismano per migliorarsi.
Non va dimenticato, del resto, che storicamente la sua diffusione contribuì a infrangere anche le barriere razziali, assurgendo a fenomeno culturale.
Senza dimenticare il merito. Nella sua Mecca newyorkese, la Savoy Ballroom, nel cuore di Harlem, che poteva ospitare fino a cinquemila persone, neri e bianchi insieme, impegnati nelle maratone infinite, e dove due orchestre a sera si esibivano in palchi contrapposti, c’era perfino un angolo, il Cats’Corner, in cui ci si sfidava nella creazione di passi inediti, un laboratorio aperto ai talentuosi.

UNA TARGA PER RICORDARE IL TEMPIO

Il Savoy chiuse i battenti nel 1958, dopo che i gusti dei giovani in fatto di ballo furono cambiati definitivamente, e in seguito demolito. In memoria degli anni ruggenti oggi c’è solo una targa commemorativa, eretta tardivamente nel 2002 tra la 140esima e la 141esima strada, proprio dove sorgeva una volta il tempio del Lindy.

SOGNANDO CALIFORNIA

Dal Savoy partì di fatto anche la trasmigrazione del Lindy Hop verso la costa Ovest degli Stati Uniti. Prima di tutto per via della diffusione della radio. La musica di quelle maratone di ballo cominciò a essere trasmessa a livello nazionale. Così, mentre a New York la notte avanzava, in California era ancora primo pomeriggio e questo scarto temporale finì per avvicinare anche i giovani dell’Ovest alle nuove mode, favorendo la notorietà del Lindy. Ma fu un giovanissimo ballerino del Savoy, Dean Collins (origine ebraiche e vero nome Saul Cohen) nato nell’Ohio nel 1917 ed esploso a 18 anni, a esportare il Lindy a Los Angeles a metà degli Anni ‘30.

ARRIVA HOLLYWOOD, UN HELLZAPOPPIN

Un Lindy rivisitato e modificato che cambiò il Savoy Style in West Coast Swing (conosciuto anche come Hollywood Swing). Un nuovo stile, in particolare di postura, fatta di movimenti più eleganti e meno “selvaggi”, che sbarcò in breve tempo sul grande schermo, usufruendo così dell’ulteriore spinta del cinema.
Le coreografie e le scene di ballo che lo stesso Dean Collins ideava e interpretava divennero la colonna portante di musical celeberrimi come Let’s Make Music, interpretato da Bob Crosby nel ’39, Dance Hall e soprattutto il capolavoro assoluto Hellzapoppin del 1941, il più famoso lungometraggio ballato a tema Swing. Interpretato dalla compagnia di ballo fondata da Herbert White, detto Whitey, ovvero la Whitey’s Lindy Hopper, che si esibì con successo in giro per il mondo, il film non ha una trama ben definita ma, attraverso una serie di gag rappresentate ballando il Lindy Hop, riuscì a divertire e catturare l’attenzione del grande pubblico.
Stile “improvvisazione”, manco a dirlo!

Chi è l'autore

Vinc

Giornalista professionista e autore di quattro romanzi. Presta la sua penna e il suo inconfondibile stile di scrittura per la crescita di questo Blog.

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